venerdì 20 gennaio 2012

Amici su Facebook? Sì, ma di presenza è più bello

Una scena vista altre volte: un centinaio di vivaci liceali con cui confrontarmi su un tema che sta a entrambi a cuore, l’amicizia. La sfida? Quella di capire assieme se Facebook può aiutare o meno ad essere amici. Voi che ne dite?
Vi racconto come è andata. Entro in aula e alcuni mi osservano quasi come se fossi un marziano da cui difendersi: sono pur sempre un adulto e gli adulti appartengono per principio alla categoria degli “esseri strani da cui prendere le distanze”.
Racconto loro la storia di due ragazzi che litigano sulla bacheca di Facebook, sotto gli occhi dei loro “amici”. I lettori di questo sito la ricorderanno; gli altri potranno rileggerla qui.
Risate, meraviglia, commenti del tipo “che scemi questi due” e “ma tanto a me non succede”.
Poi cominciamo a dirigerci verso il centro del nostro discorso: quali sono le caratteristiche dell’amicizia?
I ragazzi si lanciano in un elenco interminabile: coerenza, affetto, divertimento, onestà, fare cose stupide assieme, fiducia, avere interessi comuni, lealtà, fedeltà, rispetto, stima, aiutarsi nel momento del bisogno, complicità, casualità, perdono, gratuità… Forse ne dimentico qualcuna ma queste bastano da sole per mostrare che cosa c’è nei cuori di questi ragazzi. E mi piacerebbe tanto farlo vedere a certi adulti che fanno una gran fatica a guardarli bene, questi cuori.

Poi arriva il momento più importante: bisogna cancellare dalla lista ciò che non è proprio necessario all’amicizia, quello che se c’è è meglio ma, se qualche volta manca, siamo amici lo stesso. Ed ecco che parte, non senza fatica, l’esclusione degli accessori: la complicità, l’intesa e la disponibilità, che a volte possono mancare; il sostegno che in alcuni casi, anzi, è meglio non dare se non condivido quello che il mio amico sta facendo.
Ci areniamo per un po’ sul fare cose stupide assieme, sul divertimento, sullo stare assieme fisicamente; alcuni maschi non riescono proprio a escludere il divertimento dall’abc dell’amicizia.
Con il consenso di alcune ragazze cerco di chiedere loro se non sia possibile essere amici anche se non sempre ci si diverte assieme, ma non c’è verso di far cambiare idea. E’ proprio vero, gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere…
Alla fine vince la maggioranza e anche gli ultimi accessori saltano.
Rimangono solo gli ingredienti che compongono due pilastri dell’amicizia.
Il primo è la condivisione dell’intimità: tu sei mio amico perchè con te e solo con te condivido qualcosa di molto personale. Per la nostra amicizia c’è bisogno di fiducia, stima, fedeltà.
Il secondo è la chiarezza di identità tra gli amici. Rimango tuo amico solo se tu sei autenticamente te stesso. Per questo ti voglio sincero, coerente, leale. Altrimenti smetto di esserti amico appena ho il sospetto che stai indossando una maschera.

A questo punto arrivo alla conclusione, con una domanda che lascio ai ragazzi: se non si può essere amici senza condivisione dell’intimità e senza consapevolezza di avere davanti una persona autentica, come può svilupparsi un’amicizia se la mia vita si svolge per tanto, troppo, tempo su Facebook, che dell’identità e dell’intimità ha decretato la morte?
Mi accorgo che la risposta non è così scontata, perché è difficile mettere anche per un attimo in discussione ciò che credi ti sia entrato dentro fino a essere quasi parte di te…
Ma il dubbio è stato posto e questo era l’obiettivo.
La stessa domanda pongo a voi lettori, non senza dirvi che alla fine dell’incontro me ne sono tornato a casa per l’ennesima volta con una convinzione: con questi ragazzi è possibile cambiare il mondo. Basta solo crederci e farlo credere loro. Forse così ci guarderanno con occhi diversi: gli occhi di chi sa che può contare su di te.

Articolo pubblicato sul blog della rivista Familiaria

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