venerdì 22 luglio 2011

Femminilità. Inseguire i propri sogni si può, senza dimenticare ciò che si è.

Non è un film ma la realtà: lo sapevate che esiste un luogo dove è vietato chiamare i bambini usando il pronome “lei” o “lui”, ma solo quello neutro “hen”? Succede in un’isoletta della Svezia, dove il delirio dell’ideologia ha realizzato un asilo il cui progetto pedagogico, in ossequio alla lotta contro la discriminazione sessuale, è quello di crescere i bambini nella maniera più neutrale possibile.
La società si aspetta che le bambine siano femminili, dolci e carine e che i bambini siano rudi, forti e impavidi. Egalia - è il nome dell’asilo - dà invece a tutti la meravigliosa opportunità di essere quel che vogliono”. Così si esprimeva una delle insegnanti dell’asilo svedese in un articolo apparso su un quotidiano nazionale qualche settimana fa.
Non è di identità di genere che parleremo in queste righe; tuttavia ho voluto cominciare con questo esempio perché sono convinto che se chiedessi ad un ragazzo di dirmi come immagina la sua ragazza, probabilmente tra le sue parole non mancherebbero aggettivi come femminile, dolce, carina… Proprio le parole che fanno paura all’insegnante svedese.

Femminile, dolce, carina: aggettivi che difficilmente smetteranno di accompagnare, nell’immaginario maschile, l’ideale della donna da amare. Non che molte donne non siano anche forti, coraggiose, determinate; ma non sono queste le qualità che, almeno inizialmente, un uomo cerca in una donna.
Eppure è innegabile che le ragazze di questo scorcio di millennio sono profondamente diverse dalle loro coetanee di qualche anno fa. Come e in che cosa è cambiato allora l’universo femminile odierno?
Una ragazza mi raccontava di aver trovato in soffitta il libro di educazione tecnica delle scuole medie di sua madre e di essere rimasta stupita per il fatto che era tutto fuorché l'educazione tecnica che aveva studiato lei. Si intitolava "Il mio domani"ed era praticamente un manuale della brava casalinga: come usare i nuovi elettrodomestici (aspirapolvere, lucidatrice), come stirare bene, come togliere le macchie, ecc...

Forse è questa una prima grande novità del nostro tempo: le aspirazioni delle ragazze sono cambiate profondamente; esse vogliono realizzarsi negli studi compiuti liberamente anche lontano da casa, hanno maggiori aspirazioni in ambito lavorativo, guardano prima al lavoro e poi alla famiglia.
Meglio o peggio, verrebbe da chiedersi? Probabilmente nessuno dei due. Semplicemente vivono in un mondo che è cambiato e che quindi richiede nuovi modelli di riferimento per realizzare la propria femminilità.
Una cosa però mi pare sia rimasta invariata in un’adolescente di oggi come di trent’anni fa: il forte desiderio di rendere grande la propria vita. Per questo le ragazze non smettono mai di sognare. Una capacità che, ne sono convinto, oggi è uno dei punti di forza dei giovani; forse perché risalta maggiormente, a confronto con la delusione tipica di molti adulti, che invece non sognano più…
I sogni, però, devono fondarsi sulla realtà concreta perché possano trasformarsi in progetti. Altrimenti rimangono solo sogni e quasi sempre, quando è così, deludono profondamente.
E qui tocchiamo un tasto dolente. Vero è che i ragazzi e le ragazze sanno fantasticare sulla propria vita; non è raro, però, che questa capacità di sognare si spenga dopo le prime delusioni. Oggi, infatti, diventa sempre più frequente trovare ragazze che già a vent’anni non credono più che la vita possa renderle felici. Come mai? Esse hanno più opportunità, maggiore libertà, più facilità negli spostamenti e nell’ottenere ciò che vogliono, eppure non basta a evitare la disillusione che è sempre più diffusa. Questa contraddizione mi sembra un’altra grande differenza tra le adolescenti di oggi e quelle di qualche anno fa.

Che dire poi della “intraprendenza” che molte ragazze mostrano nelle relazioni affettive? Chi può negare che fino a pochi anni fa l’iniziativa in questo campo era una prerogativa dell’uomo, mentre oggi sembra quasi che i ruoli si siano invertiti? Per di più si assiste in misura crescente ad una vera e propria mascolinizzazione delle ragazze: molte di esse sono diventate più maschili nel modo di vestire, nei modi fare e anche nel linguaggio. Mi chiedo se e quanto questa caratteristica, tipicamente attuale, possa condizionarle negativamente nella loro realizzazione personale di donne.
Leggevo qualche settimana fa che in Inghilterra una donna su tre prende psicofarmaci contro la depressione. L’autrice dell’articolo si chiedeva se la causa di ciò fosse da addebitarsi alla perdita del senso di essere donna: non sarà l’eccessiva emancipazione – diceva – a far perdere la bussola alle donne su chi sono veramente?
Penso che sia difficile poter dimostrare questa tesi, ma sembra comunque certo che oggi le ragazze sono estremamente fragili ed esposte a rischi che fino a qualche anno fa erano molto ridotti, se non del tutto inesistenti.
Un esempio? La disillusione sull’amore, che agli occhi di molte di esse diventa sempre meno definitivo e sempre più precario; quante ragazze, dopo le prime delusioni, fanno una gran fatica a continuare a credere ad un amore eterno! “A che serve se tanto prima o poi finisce?”, sembrano dire con il loro atteggiamento disilluso e a volte cinico.
Personalmente penso che sia difficile spegnere definitivamente il desiderio dell’amore che dura per sempre, innato in ogni persona. Ma la tentazione di non crederci più è costantemente dietro l’angolo.

Ecco allora come appaiono molte ragazze oggi: fragili, disorientate e confuse. L’anticipo del periodo in cui avvengono le prime mestruazioni (cinquant’anni fa era intorno ai 13-14 anni, oggi siamo scesi a 10-11 anni) non corrisponde ad una maturazione contestuale della psiche e del carattere. Le ragazze si sentono presto grandi ma in realtà sono più piccole di quanto sembrano. Ed in questo non vengono neanche supportate dai loro coetanei maschi, che sono decisamente più immaturi di esse e che fanno una grande fatica ad assumersi le proprie responsabilità.
Tempo fa una diciassettenne scriveva su un forum il motivo per cui fosse convinta che non c’era nulla di male nell’avere una “storia” anche con un quarantenne. Scriveva: oggi la società è senza modelli e senza valori, quindi perché non innamorarsi di un uomo di 40 anni che è molto maturo rispetto ad un ragazzo di 17 anni che si fa manovrare da una falsa società? Parole che si commentano da sole…

Mi rendo conto che non è facile fermarsi a queste poche considerazioni nel trattare un tema che meriterebbe ben altro approfondimento. E’ un limite che diventa ancora più evidente nel momento in cui si prova a trarre delle conclusioni.
Che dire? E’ fuori discussione che le adolescenti del terzo millennio sembrano avere maggiori potenzialità rispetto alle coetanee di qualche decennio fa. Nessuno lo nega.
Eppure per essere pienamente donna, per realizzarsi, non basta avere più chances. Non è questo l’essenziale.
Agli educatori, ma soprattutto alle educatrici – penso soprattutto alle mamme – tocca il grande compito di aiutare ogni ragazza a custodire come un gran tesoro la propria femminilità.
Difficilmente una donna potrà fare ad un uomo un regalo migliore di questo.

Articolo pubblicato sul numero di Giugno/Luglio 2011 di Familiaria