sabato 25 dicembre 2010

Il Natale ci ricorda che tu sei la rosa

Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…, disse la volpe al piccolo Principe.

Oggi è Natale.
Quanti sanno che oggi è Natale? Tanti…
Quanti sanno perché oggi è Natale? Tanti, ma forse non troppi…
Quanti oggi vivranno il senso autentico del Natale? Forse pochi.

Tra questi pochi non possiamo mancare tu ed io.

E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.

Duemila anni fa Dio ha perduto ben più del tempo per la sua rosa.
Ha perduto l’eternità, entrando nella finitezza umana.
Ha perduto la regalità, facendosi bambino indifeso.
Ha perduto la divinità, diventando uomo.
Ha perduto tutto se stesso, per amore della sua rosa: tu ed io.
Per questo siamo così importanti.

Oggi si festeggia il compleanno del più grande educatore di sempre, di Colui che ha reso la sua rosa così importante da dare per essa persino la propria vita.

Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.

Almeno non dobbiamo dimenticarla tu ed io, che stiamo coltivando le rose di domani.
E forse domani non saremo più in pochi a godere della gioia vera del Natale.

domenica 19 dicembre 2010

Tu per me sei importante

Individualisti, egoisti, tristi, opportunisti… Davvero si è così impoverito il cuore dell’uomo? Sono questi gli aggettivi che meglio si addicono alle nuove generazioni?

La mia esperienza di educatore mi porta a rispondere di no. O meglio, è vero che il mondo oggi spinge prepotentemente verso un individualismo che porta le persone - giovani e adulti – a richiudersi in sé stesse. Ma nulla potrà mai spegnere il desiderio, presente nel cuore di ogni uomo, di amare e di essere amati.

I ragazzi oggi lo dimostrano. Non è vero che non sanno comunicare: è solo cambiato il modo in cui lo fanno. Non è vero che sono incapaci di rapporti profondi: semmai si aspettano che noi per primi lo dimostriamo loro. Non è vero che non sanno fare amicizia per colpa di Facebook.

Siamo noi adulti che abbiamo perso la speranza nel futuro e nelle nuove generazioni che questo futuro rappresentano. E i ragazzi, che se ne accorgono, reagiscono chiudendosi. Ma un uomo è fatto per la relazione, per il dialogo, per l’amore. Siamo animali sociali, diceva Aristotele.

Il segreto sta allora nella capacità di saper parlare al loro cuore e di toccarne le corde giuste.

E’ facile accendere il cuore – e gli occhi, che del cuore sono la spia – di un adolescente. Per farlo c’è bisogno che egli colga una idea semplice ma ricca come non mai: “Tu per me sei importante”.

Tu per me sei importante, per questo ti sono amico, senza chiederti nulla in cambio. E’ la legge dell’amore, che vale anche per i ragazzi. Dove sta scritto che un quindicenne non è capace di amare disinteressatamente una persona della sua stessa età? Chi pensa questo non conosce il cuore - e il mondo - dei quindicenni…

Tu per me sei importante, per questo voglio darti il meglio. Questo dovrebbe dire, senza bisogno di parole, ogni educatore.

Tu per me sei importante, per questo ti sono grato. E la gratitudine è la porta della gioia e dell’amore. Un esempio? Il volontariato.

Sembra contraddittorio che, in un mondo in cui le nuove generazioni vengono descritte come apatiche e disinteressate, sia aumentato incredibilmente il numero di ragazze e ragazzi che si spendono generosamente a servizio di bambini, anziani, malati.
Perché lo fanno?
Forse perché nel darsi agli altri ciascuno di noi sperimenta quel sentirsi importante, utile, amato che è la chiave di volta della felicità; e che è la molla perché nasca e si sviluppi il desiderio di ricambiare questo amore agli altri.

Questo i ragazzi lo sanno capire. Il segreto? Parlare al loro cuore: funziona sempre!


Pubblicato sul numero di Novembre/Dicembre 2010 di Familiaria


sabato 18 dicembre 2010

La vita è bella nonostante i giornalisti

"Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce". Sembra ovvio, banale, scontato. Eppure per molti non lo è. Sono tutti coloro che si nutrono ogni giorno delle notizie presentate dai nostri giornali e dalle nostre TV.

Tonnellate di spazzatura, spazzatura e ancora spazzatura, come se il mondo fosse solo questo.

Non se ne può più di sentire nominare Avetrana, Sarah Scazzi, Michele e Sabrina Misseri, tutti i giorni e a tutte le ore del giorno.

Perché insistere in maniera squallida su questa triste vicenda? Perché continuare ad alimentare la curiosità morbosa di milioni di italiani? Perché voler conoscere a che ora è avvenuto il delitto, in quale stanza, con quali modalità, con quanta forza? Perchè precisare in quanti minuti si è consumato il delitto o quanto piangeva Sarah al momento in cui la uccidevano?

Perché la casa di Avetrana è diventato il palcoscenico del più macabro quanto squallido reality-show degli ultimi anni?

La risposta è semplice. Perché il giornalismo in Italia si trova nel pieno di una crisi etica senza precedenti e a tutto campo: cronaca, sport, politica. Non importa la verità – quello che dovrebbe essere alla base di ogni intervento giornalistico – ma lo spettacolo, lo stordimento emozionale e, in ultima analisi, la vendita dei giornali o i primi posti nella classifica dell’audience.

Squallore. Squallore italiano, perché all’estero non è così.

Mi permetto di andare oltre: la crisi del giornalismo è una crisi prima di tutto culturale e sociale, è il segno evidente di una crisi di quel pensiero che fa del suo centro la cultura nichilista, la cultura del nulla, la cultura della morte.

Ma noi non ci stiamo a queste regole. Perché la vita è bella, nonostante quello che scrivono i giornali o ci dicono i telegiornali in televisione, dove per ascoltare la prima notizia bella bisogna spesso aspettare non meno di un quarto d’ora dall’inizio del TG.

"Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce", si scriveva all'inizio dell'articolo. Perché siamo convinti che ad Avetrano e in Italia ci sono milioni di zii che amano le loro nipoti; che a Cogne e in Italia ci sono milioni di mamme che darebbero la vita per i propri bimbi; che a Novi Ligure e in Italia ci sono milioni di sorelle che amano i propri fratelli, anche se si divertono a litigare con loro…

Qualcuno dirà che questo è quello che la gente vuole, quello che agli italiani piace leggere o guardare in TV. Forse è vero. Ma la gente si alimenta con quello che le si offre.

Per questo non ci sono scuse per i giornalisti, per lo squallore e la scarsa professionalità di molti di essi.

Serve una nuova generazione di giornalisti, almeno per iniziare a cambiare le cose. Non basta per cambiare il mondo, ma è un buon inizio.

Serve gente che sappia dire, che sappia gridare che la vita è bella. Nonostante i giornalisti.


Articolo pubblicato su www.cogitoetvolo.it