Tutti noi adolescenti viviamo almeno un periodo di crisi che per la maggior parte si manifesta con la
solitudine: siamo convinti che noi al mondo non serviamo a nulla per via di qualche delusione soprattutto amorosa. Perciò ci rinchiudiamo in noi stessi in attesa che qualcuno si accorga di noi e ci faccia capire che possiamo dare al
mondo più di quanto non immaginiamo.
Così scriveva, tempo fa, una ragazza su un forum,
commentando un articolo sull’adolescenza.
Siamo convinti che noi
non serviamo a nulla. Forse un adolescente non scriverebbe una cosa del
genere se solo si conoscesse meglio. Già, perché una delle cose più belle ma
anche più difficili per un ragazzo è proprio il conoscersi. Una conoscenza che
a volte mette paura, la paura di non accettarsi per quello che si è.
Eppure, se non si vuole restare per tutta la vita ad un
livello superficiale, è necessario conoscersi. O meglio, è necessario volerlo
fare, fino in fondo, fino a giungere
nel luogo dove nasce la parola “io”. E qual è questo luogo?
Per provare a rispondere prendiamo in prestito le parole di Susanna
Tamaro: E quando poi davanti a te si
apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso,
ma siediti e aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato
il giorno in cui sei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e
aspetta ancora. Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti
parla, alzati e va’ dove lui ti porta.
La scrittrice triestina individua nel cuore il luogo da cui
nasce la voce che ognuno di noi dovrebbe ascoltare prima di prendere una
decisione. E’ dal cuore che scaturisce l’amore, è il cuore il luogo in cui si
fanno le scelte; esso è la sede degli affetti e della volontà. Dal cuore nasce
l’intimità.
Ma che cosa è l’intimità? Che vuol dire intimo? Forse non
tutti sanno che il vocabolo "intimo" è il superlativo di
"interiore"; vuol dire, quindi, la parte più interna. Intimo è allora ciò che si riferisce alla parte
più interiore di me stesso.
Possiamo dire che l’intimità è quanto di più prezioso
possediamo, è un luogo inaccessibile agli altri e, a volte, anche a noi stessi.
E’ un tesoro da custodire, da far crescere e da difendere a tutti i costi.
Come possiamo immaginare questo luogo? Proviamo a
raffigurarlo come uno spazio dove ciascuno di noi può incontrare pienamente se
stesso. Non è facile da raggiungere perché è molto più semplice muoversi
rimanendo in superficie.
Eppure è fondamentale arrivare a “prendere possesso” della
nostra intimità, perché solo così saremo in grado di agire in funzione di
motivi profondi, con la piena consapevolezza delle nostre azioni. E allora potremo
ritenerci davvero liberi.
Non è facile. Per esempio, vi siete mai chiesti come mai
sono spesso le crisi esistenziali che permettono a una persona di ritrovare se
stessa? Perché? La sofferenza, la crisi, il dolore, ci interrogano sul senso
della vita. Ci costringono a fermarci e a porci domande. Spesso ci fanno
rimanere soli con noi stessi. E non è forse vero che è proprio quando ci
guardiamo dentro, che scopriamo il vero piano dell’esistenza umana?
La scoperta
dell’intimità
Non possiamo certo aspettare una crisi esistenziale per
scoprire e impossessarci della nostra intimità. Dobbiamo trovare la strada
ordinaria, una strada che comunque è piena di ostacoli.
Viviamo nell’era dell’immagine, che ci fa vivere proiettati
più sulla realtà esterna che dentro di noi; veniamo sollecitati soprattutto
nella nostra dimensione sensoriale ed emotiva e non si ha più il tempo né la voglia
di usare l’intelligenza che, vale la pena ricordarlo, è la facoltà che permette
all’uomo di intus legere (leggere
dentro) le cose e gli avvenimenti.
Siamo circondati da mille distrazioni che ostacolano prima la
scoperta e poi lo sviluppo della nostra intimità: lo stordimento delle emozioni
forti, la massificazione, la superficialità, la fretta, l'attivismo, i rumori, la
banalizzazione della sessualità…
Prendiamo il rumore, per esempio. Quanti di noi hanno paura
di rimanere in silenzio? Se ci pensiamo bene, siamo costantemente accompagnati
da rumori di sottofondo: a scuola, in TV, in autobus, in mezzo al traffico, per
strada, in panineria, al pub… Siamo così abituati al rumore che ritrovarci
improvvisamente in un luogo silenzioso a volte ci dà quasi fastidio.
Eppure, passato il primo momento di disorientamento, il
silenzio può condurci a provare l’emozione di ascoltare addirittura noi stessi!
Chi mi vuole?
Per prendere possesso della nostra ricchezza interiore, dovremmo
imparare a saperla usare bene e quindi, per esempio, ad essere in grado di
difenderla da ciò che la può danneggiare, come l'invadenza da parte di altre
persone.
Saper usare bene la propria intimità significa anche essere
capaci di donarla senza perderla. Questo vuol dire evitare di aprirla a
chiunque o in qualsiasi momento. Il tesoro della nostra intimità va concesso soltanto alle persone giuste e
al momento opportuno.
Un ragazzo o una ragazza che offrono la propria intimità – i
propri sentimenti e affetti, la propria storia, i propri segreti, fino al
proprio corpo – al primo che capita, è come se stessero svendendo questo tesoro;
o meglio, è come se non si rendessero conto di possederlo.
Un ragazzo così, come potrà mai costruire una profonda relazione
di amicizia, o ancora di più, di amore verso una ragazza, relazioni che si
fondano entrambe sulla condivisione della propria interiorità?
Se non possiede – o non è convinto di possedere – nessun
tesoro, che cosa potrà condividere, che cosa potrà donare a un’altra persona? L’intesa,
in una storia di amore, è innanzitutto condivisione di ciò che di più intimo
abbiamo.
L’intimità va quindi difesa a denti stretti e con molta
decisione. Ne va della nostra felicità!
A questo serve la virtù del pudore. E non mi riferisco solo
all’intimità del corpo ma anche e soprattutto a quella dell’anima.
Oggi si tende a considerare il pudore come qualcosa di
superato, di artificioso, quasi un ostacolo alle naturali manifestazioni della
propria personalità. E invece il pudore non è altro che la tendenza, presente
in ogni uomo, a nascondere ciò che appartiene alla propria intimità. Non ci
vestiamo solo perché vogliamo proteggerci dal freddo ma anche per celare agli
altri ciò che non va mostrato indiscriminatamente. Ci teniamo a custodire il
diario personale perché lì c’è qualcosa di nostro
che desideriamo mostrare solo a chi si merita la nostra fiducia. E così via:
ognuno di noi pretende e ha diritto di difendere la propria stanza, i propri
spazi, il proprio tempo, i propri silenzi… Sentiamo tutto questo così intimo a
ciascuno di noi tanto da non essere più qualcosa
che ci appartiene ma addirittura la manifestazione di noi stessi.
La persona, quindi, è un essere che ha intimità, e avere intimità
significa possedersi. Solo se mi possiedo mi potrò donare a un’altra persona,
potrò fare di me un dono che la persona amata non finirà mai di scoprire.
Nella bellissima Come
musica, Jovanotti canta: siamo stati
sulla luna a Mezzogiorno, andata, solo andata senza mai un ritorno. Abbiamo
fatto piani per un nuovo mondo, ci siamo accarezzati fino nel profondo... Ma
c'è ancora qualcosa che non so di te: al centro del tuo cuore che c'è?
Non è bello sapere che mai finiremo di conoscere la
ricchezza della persona che amiamo?
Un tesoro da far
crescere.
Se abbiamo compreso che l’intimità è un tesoro da custodire,
come faremo per andare oltre e farla crescere?
Esiste un grande eppur
quotidiano mistero. Tutti gli uomini ne partecipano, ma pochissimi si fermano a
rifletterci. Quasi tutti si limitano a prenderlo come viene e non se ne
meravigliano affatto. Questo mistero è il tempo.
Esistono calendari ed
orologi per misurarlo, misure di ben poco significato, perché tutti sappiamo
che, talvolta, un'unica ora ci può sembrare una eternità, e un'altra invece
passa in un attimo... dipende da quel che viviamo in quest'ora.
Perché il tempo è
vita. E la vita dimora nel cuore.
Così scrive Michael Ende nel suo romanzo Momo. Il tempo è una risorsa
indispensabile per coltivare la propria intimità. Tempo dedicato alla lettura,
ad ascoltarsi, ad annoiarsi. La vita
ci ha abituato a non perdere neanche un momento facendo qualcosa di inutile, a
non fare nulla che non abbia uno scopo ben preciso. E si corre, si corre, per
non rimanere mai indietro e soprattutto per non rimanere mai da soli. La
solitudine ci mette paura, perché costringe ciascuno di noi a chiedersi: chi
sono io? Ma se è così, allora ben venga la solitudine, ben venga la noia!
Il tempo, poi, è una risorsa formidabile per far crescere la
condivisione dell’intimità tra due persone che si amano; sì, perché esso permette
di costruire una storia, ed è nella storia che si sviluppa quel clima di conoscenza reciproca che a poco a poco
fa maturare la confidenza, che a sua
volta permette di condividere la
propria intimità in maniera sempre più profonda fino alla condivisione totale
(anche nel corpo), tipica della comunione piena di chi si è donato per sempre.
E in questa relazione d’amore con un tu,
l’io trova ulteriore consistenza,
perché, per quanto noi ci guardiamo dentro per trovare la parola “io”,
quest’ultima non potrebbe esistere se non ci fosse un'altra persona in cui
specchiarci. Per questo una relazione autentica di amicizia o di amore ci permette
come non mai di conoscere meglio noi stessi.
Non ci resta che concludere, tornando alle parole con cui è
iniziato questo articolo: fino in fondo.
Non c’è altra strada, se vogliamo trovare un antidoto alla superficialità:
essere, voler essere profondi. Arrivare fino all’essenziale, che si trova in
fondo al cuore. Arrivare a conoscere – e ad amare – se stessi.
In quel capolavoro di libro che è Il piccolo principe,
Antoine de Saint-Exupery fa dire alla volpe che l'essenziale è invisibile agli
occhi.
Perché si trova nel cuore.
Articolo pubblicato sul numero di novembre di Dimensioni Nuove