Reduce da un anno di incontri con alcune centinaia di liceali in giro per la Sicilia. Argomento degli incontri, ogni volta, la comunicazione con i genitori.
Un tema caldo, sentito come un macigno da chi, a 15 anni, fa di tutto per mostrare al mondo, ma soprattutto ai suoi, che non è più un ragazzino.
Da un lato la sfida lanciata con tutte le forze del corpo e dello spirito: Io sono ormai grande!
Dall’altro un muro alzato, spesso inconsapevolmente, da chi continua a vederti come il suo bambino e continua a dirti con i fatti più che con le parole che “non hai ancora l’età per fare questo e quello…”
E tu soffri. Perché vorresti che i tuoi ti comprendessero e ti ascoltassero di più, si fidassero di te, pensassero che anche loro hanno avuto la tua età, che dessero più importanza ai tuoi problemi e la smettessero di continuare a ripetere “non preoccuparti, è l’età, passerà…”
Eh sì, è proprio difficile per un genitore capire il mondo dei propri figli quindicenni. Eppure negli occhi dei ragazzi e delle ragazze che ho incontrato – e forse anche nei tuoi – si leggeva il desiderio di avere un rapporto forte e sincero con i propri cari, nonostante le incomprensioni che sempre ci saranno nella vita. Come fare? – si chiedevano.
Sono sicuro che te lo chiedi anche tu.
Una risposta definitiva e che fosse sempre valida non l’abbiamo trovata, ovviamente; ma forse abbiamo trovato (o meglio riscoperto) il segreto per comunicare tra due mondi che necessariamente sono diversi. E questo segreto sta nell’amore; nell’amore disinteressato; nell’amore di chi si sforza di mettersi nei panni dell’altro per capire il suo mondo; di chi prova a costruire ponti invece di innalzare barriere.
“L’unica cosa di cui mi lamento è che mi chiedono ogni giorno «come è andata a scuola?», perché credo che se mi assillano così è peggio e inutile: glielo dico comunque senza bisogno che me lo chiedono” , diceva una ragazza.
Un tema caldo, sentito come un macigno da chi, a 15 anni, fa di tutto per mostrare al mondo, ma soprattutto ai suoi, che non è più un ragazzino.
Da un lato la sfida lanciata con tutte le forze del corpo e dello spirito: Io sono ormai grande!
Dall’altro un muro alzato, spesso inconsapevolmente, da chi continua a vederti come il suo bambino e continua a dirti con i fatti più che con le parole che “non hai ancora l’età per fare questo e quello…”
E tu soffri. Perché vorresti che i tuoi ti comprendessero e ti ascoltassero di più, si fidassero di te, pensassero che anche loro hanno avuto la tua età, che dessero più importanza ai tuoi problemi e la smettessero di continuare a ripetere “non preoccuparti, è l’età, passerà…”
Eh sì, è proprio difficile per un genitore capire il mondo dei propri figli quindicenni. Eppure negli occhi dei ragazzi e delle ragazze che ho incontrato – e forse anche nei tuoi – si leggeva il desiderio di avere un rapporto forte e sincero con i propri cari, nonostante le incomprensioni che sempre ci saranno nella vita. Come fare? – si chiedevano.
Sono sicuro che te lo chiedi anche tu.
Una risposta definitiva e che fosse sempre valida non l’abbiamo trovata, ovviamente; ma forse abbiamo trovato (o meglio riscoperto) il segreto per comunicare tra due mondi che necessariamente sono diversi. E questo segreto sta nell’amore; nell’amore disinteressato; nell’amore di chi si sforza di mettersi nei panni dell’altro per capire il suo mondo; di chi prova a costruire ponti invece di innalzare barriere.
“L’unica cosa di cui mi lamento è che mi chiedono ogni giorno «come è andata a scuola?
“Dovrebbero cambiare soprattutto loro, perché alla fine anche se io non sono d’accordo sono loro che decidono quello che vogliono”, sosteneva un’altra.
E’ vero, sono i genitori che spesso sbagliano il modo di confrontarsi con te; e sono loro che dovrebbero essere i primi a cambiare il proprio atteggiamento.
Ma hai pensato a quanto tu li puoi aiutare facendo il primo passo? “… glielo dico comunque senza bisogno che me lo chiedono…”
E’ vero, sono i genitori che spesso sbagliano il modo di confrontarsi con te; e sono loro che dovrebbero essere i primi a cambiare il proprio atteggiamento.
Ma hai pensato a quanto tu li puoi aiutare facendo il primo passo? “… glielo dico comunque senza bisogno che me lo chiedono…”
Articolo pubblicato sulla versione online della rivista Familiaria